La violenza contro gli infermieri è una crisi crescente e silenziosa che sta mettendo a dura prova la sicurezza e la tenuta del sistema sanitario.
Infermieri, medici e OSS sono oggi esposti a un rischio sempre più concreto di aggressioni fisiche e verbali, specialmente nei reparti ad alta intensità come i Pronto Soccorso.
Ma quali sono le cause profonde? E soprattutto, cosa si può fare per prevenire, gestire e contrastare questo fenomeno?
Violenza contro gli infermieri in Italia: i dati aggiornati
Secondo i dati INAIL, nel solo triennio 2019-2021 sono stati registrati oltre 4.800 episodi di violenza a danno di operatori sanitari e sociosanitari, con una media annua di circa 1.600 casi.
Un dato, tuttavia, largamente sottostimato: molte aggressioni non vengono denunciate.
Le donne risultano le più colpite, soprattutto nella fascia d’età tra i 50 e i 64 anni, e tra le professioni più a rischio figurano infermieri, OSS e fisioterapisti.
Nel 2023, l’Osservatorio Nazionale (ONSEPS) ha rilevato oltre 16.000 episodi di aggressione, coinvolgendo 18.000 operatori.
Le situazioni più critiche si concentrano nei Pronto Soccorso e nelle aree di degenza. Il Nord Italia, in particolare Lombardia ed Emilia-Romagna, è tra le aree più colpite.
Quando curare diventa rischioso: il paradosso dell’assistenza
Aiutare, assistere, proteggere: eppure, proprio queste azioni espongono gli operatori sanitari a un paradossale rischio per la propria incolumità.
Questo perché la violenza contro gli infermieri e gli altri operatori sanitari si alimenta anche di fattori psicosociali diffusi: disinformazione, frustrazione, scarsa fiducia nelle istituzioni, disagio mentale e stress emotivo.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, fino al 50% degli operatori sanitari può essere esposto ad almeno un episodio di violenza nel corso della propria carriera.
Ma la percentuale reale potrebbe essere ancora più alta: alcune ricerche stimano che il 70-80% degli episodi non venga denunciato, per paura, rassegnazione o mancanza di strumenti adeguati.
Violenza contro gli infermieri: quali aggressioni? Definizioni e tipologie
La violenza sul posto di lavoro, secondo il NIOSH, include aggressioni fisiche, minacce, abusi verbali e comportamenti intimidatori. Può provenire da pazienti, familiari, colleghi o anche da soggetti estranei alla struttura sanitaria. La distinzione più importante è tra:
- Violenza fisica, che causa danni corporei, sessuali o psicologici.
- Violenza psicologica, che comprende minacce, insulti, umiliazioni, stalking.
Spesso le due si sovrappongono, e la violenza verbale rappresenta un campanello d’allarme per escalation più gravi.
Le strategie di prevenzione della violenza contro gli infermieri: dalla formazione alla de-escalation
L’approccio alla prevenzione è multidimensionale. Le principali strategie comprendono:
- Formazione specifica per riconoscere segnali premonitori e gestire situazioni critiche.
- Tecniche di de-escalation, come l’uso di linguaggio non minaccioso, il rispetto della distanza fisica, la gestione emotiva empatica.
- Protocolli operativi condivisi con le forze dell’ordine.
- Dispositivi di sicurezza: pulsanti antipanico, telecamere, allarmi GPS indossabili.
Secondo lo studio CEASE-IT, solo il 62% degli infermieri ha ricevuto formazione su questi temi. Eppure, l’efficacia è dimostrata: i corsi di comunicazione e prevenzione riducono concretamente l’incidenza delle aggressioni.
Le novità legislative: pene più severe e arresti in differita
Con il decreto legge n. 137 del 2 ottobre 2024, il legislatore ha introdotto importanti misure a tutela degli operatori sanitari:
- Arresto obbligatorio in flagranza per aggressioni con lesioni a danno del personale.
- Arresto in differita entro 48 ore con prove video o fotografiche.
- Reclusione da 1 a 5 anni e multa fino a 10.000 euro per chi danneggia strutture e beni destinati all’assistenza.
Un cambiamento normativo importante che dà finalmente un segnale chiaro: chi aggredisce un operatore sanitario danneggia l’intera collettività.
Le testimonianze: dagli studenti ai professionisti in prima linea
Una recente meta-analisi condotta da Hallett et al. ha rivelato che oltre il 58% degli studenti infermieri ha vissuto episodi di bullismo durante il tirocinio, spesso perpetrati da altri operatori.
Nei Pronto Soccorso, invece, le aggressioni sono frequentemente legate a pazienti in stato di alterazione psicofisica (alcol, droga, disturbi psichiatrici).
Uno studio della Federazione Europea degli Infermieri (EFN) ha messo in evidenza tre criticità comuni in Europa: sottodenuncia, coinvolgimento anche di colleghi nelle aggressioni, impatto negativo sulla salute mentale degli infermieri.
La ciolenza contro gli infermieri non è un destino, ma un problema da risolvere
La violenza non è un effetto collaterale inevitabile della professione infermieristica, ma un problema sistemico che può – e deve – essere affrontato con determinazione.
Accettare le aggressioni come parte del lavoro significa legittimare una cultura del silenzio e della rassegnazione che mina alla base la dignità e la sicurezza di chi ogni giorno si prende cura degli altri.
Servono strumenti concreti: formazione continua, protocolli di prevenzione, supporto psicologico per le vittime, ma soprattutto il riconoscimento formale e culturale del diritto degli infermieri e di tutto il personale sanitario a lavorare in ambienti sicuri e rispettosi.
La cultura organizzativa deve cambiare: non basta reagire a un episodio grave, occorre agire prima, investire sulla prevenzione e costruire ambienti dove la fiducia, il rispetto e la collaborazione siano la norma, non l’eccezione.
Le aggressioni non vanno accettate né minimizzate. Ogni episodio ignorato è un passo indietro per tutto il sistema salute, che si fonda – inevitabilmente – sulla salute e sul benessere di chi lavora al suo interno.
I contenuti di questo articolo sono basati sulla lezione “Prevenzione e gestione delle violenze verso gli operatori sanitari”, della Dott.ssa Paola Gobbi, infermiera e docente. Il materiale originale è parte del Percorso Formativo ECM 2025 Infermiere Inline Critical Care, pubblicato da Medical Evidence. I contenuti sono utilizzati a scopo divulgativo e restano di proprietà dei rispettivi autori.
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