L’infermiere e la comunicazione con i pazienti nel processo di assistenza
La comunicazione è e resta uno dei tasti più interessanti e al contempo dolenti del processo di assistenza. In sostanza, tutti i professionisti ne riconoscono l’importanza, tutti la ritengono elemento essenziale, imprescindibile nella relazione d’aiuto.
“Il tempo di relazione è tempo di cura” (art. 4, Codice deontologico delle Professioni infermieristiche, 2019).
La verità è che comunicare bene è faticoso e impegnativo.
Comunicare bene è uno di quei doveri che un infermiere deve assolvere, ma che non può essere misurato.
Spesso sfugge o resta confinato nel mondo dell’etica individuale.
Saper comunicare e sapersi relazionare nel processo di assistenza
Parlando di comunicazione, tutti sono esperti, tutti conoscono la teoria, tutti hanno fatto decine di corsi di formazione. Ma poi, nella palestra della vita, quando ci sono da mettere in pratica l’assertività, l’empatia, il rispetto, l’ascolto, la negoziazione, la cura dell’altro nella sua integrità, ecco che si fallisce miseramente.
Il tempo è un fattore importante, ma non un discrimine:
due minuti di comunicazione ben gestita sono mille volte più efficaci di dieci minuti di pessima comunicazione.
La comunicazione, in una relazione di aiuto è accertamento della loro comprensione e interiorizzazione.
A prescindere dai contenuti è inoltre uno strumento di creazione della relazione stessa ed elemento essenziale del processo di assistenza.
La sua rilevanza è sempre più condivisa dai professionisti, così come attestato dal codice deontologico delle professioni infermieristiche.
Due articoli sono dedicati alla comunicazione (artt. 28 e 29) l’articolo 4, fa specifico riferimento alla “relazione di cura”, che si instaura tra infermiere e persona assistita, comprensiva “dell’ascolto e del dialogo”, fino alla chiosa dove si afferma che “Il tempo di relazione è tempo di cura”, concetto mutuato dalla legge 219/17 (art.1, comma 8 “Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura”).
Ciò evidenzia come vi sia, a monte, una profonda volontà di cambiamento.
La carenza di ascolto genera una cattiva comunicazione
Comunicare, e soprattutto, saper comunicare è quindi una capacità che va appresa per diventare elemento costitutivo dell’essere infermiere, in linea con quanto prevede la direttiva europea 2013/55/UE che individua, tra le competenze definite per
“l’infermiere responsabile dell’assistenza generale infermieristica”, quella di “comunicare in modo esaustivo e professionale e di cooperare con gli esponenti di altre professioni del settore sanitario”.
“La comunicazione è uno scambio interattivo fra due o più partecipanti, dotato di intenzionalità reciproca e di un certo livello di consapevolezza, in grado di far condividere un determinato significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali di significazione e di segnalazione secondo la cultura di riferimento.”
Con questa definizione Watzlawick ci fa comprendere che l’intenzionalità, ossia il voler comunicare, sia il primo elemento essenziale alla base dell’efficacia del processo comunicativo.
Senza intenzione, il rischio di incomprensione o fraintendimento è elevatissimo, come dimostra la nostra quotidiana esperienza al letto della persona assistita.
Altro elemento essenziale è la relazione fra i due interlocutori, che devono in qualche modo condividere significato e codici. Questa condivisione, nell’ambito dei rapporti in sanità, non sempre si realizza.
Per questi motivi la comunicazione efficace nasce necessariamente dall’ascolto dell’altro. Anche questo termine è abusato: senza volontà non può esserci ascolto e senza empatia non può esserci comprensione.
L’infermiere non ascolta realmente una persona mentre fa o pensa ad altro. Non ascolta se è di fretta, se non vuole o non accetta, senza giudizio o pregiudizio, ciò che viene narrato dalla persona assistita e dai suoi familiari. La carenza di ascolto genera cattiva comunicazione.
Il diritto di comunicare
Una comunicazione efficace è essenziale per lo sviluppo della persona, per la partecipazione sociale, per la cura personale, per l’educazione e per il lavoro.
È una componente essenziale anche per la qualità delle cure e la sicurezza del paziente in ambito sanitario e per la tutela dei propri diritti in contesto legale.
Il National Joint Committee for the Communication Needs of Persons with Severe Disability (National Joint Commitee, 1998) ha elaborato la Carta dei diritti alla comunicazione che ribadisce come
Ogni persona, indipendentemente dal grado di disabilità ha il diritto fondamentale di influenzare, mediante la comunicazione, le condizioni della sua vita (…)
La Convenzione ONU per i Diritti delle persone con disabilità (2007) riconosce (art.2) che
“la comunicazione comprende lingue, visualizzazioni di scritti, Braille, comunicazione tattile, stampa a grandi caratteri, le fonti multimediali accessibili come scritto, audio, linguaggio semplice, il lettore umano, le modalità, i mezzi e i formati comunicativi alternativi e accrescitivi , comprese le tecnologie accessibili della comunicazione e della informazione.”
E – all’articolo 21 – si definisce che gli Stati dovranno prendere provvedimenti
“per assicurare che le persone con disabilità possano esercitare il diritto alla libertà di espressione e di opinione, compresa la libertà di cercare, ricevere e impartire informazioni e idee su base di eguaglianza con altri e attraverso ogni forma di comunicazione di loro scelta, come definito all’articolo 2 della presente convenzione”.
Nella Convenzione – art. 9 – inoltre si cita il diritto a ricevere e disporre dei propri ausili necessari alla comunicazione in ogni momento e ambiente di vita, proprio per garantire la piena partecipazione della persona con disabilità.
La Convenzione è stata ratificata dall’Italia con la Legge 3 marzo 2009, n° 18 e dalla Unione Europea il 23 dicembre 2010.
A questi principi corrisponde anche la visione di Comunicazione espressiva, ricettiva, e funzionale e di Partecipazione del Modello ICF (OMS, “International Classification of Functioning, Disability and Health” nel dominio Attività e Partecipazione.
Sulla base dell’ICF l’efficacia degli interventi abilitativi e riabilitativi viene ora valutata rispetto al livello di partecipazione della persona con bisogni comunicativi complessi (BCC).
La comunicazione in Terapia Intensiva
In questi ultimi vent’anni gli articoli di ricerca e di rassegna che riguardano l’assistenza in terapia intensiva hanno focalizzato sempre più l’attenzione sull’importanza di stabilire una relazione e una comunicazione efficace tra infermiere e persona ricoverata, quale prerequisito necessario ed essenziale per un’adeguata assistenza in situazione critica.
In particolare, poiché l’intervento d’urgenza sul paziente spesso include anche la ventilazione meccanica, l’infermiere si trova sempre più spesso di fronte a pazienti coscienti e consapevoli, ma incapaci di comunicare in modo normale e verbale, poiché intubati.
Il ventilatore impedisce la condivisione di pensieri, emozioni e bisogni nel modo consueto. Lo staff deve quindi affrontare numerose difficoltà non solo nella comprensione dell’intenzione comunicativa, ma anche nell’interpretazione corretta dei feedback del paziente rispetto all’efficacia della comunicazione stessa.
L’infermiere deve conoscere molto bene quali possono essere le esperienze soggettive del paziente.
Sono questi contenuti che diventano motivo di interazione comunicativa e garanzia di un’assistenza efficace.
Una formazione professionale di alto profilo in area critica dovrebbe orientare i curricula infermieristici verso lo sviluppo di abilità tecniche fortemente connesse alla crescita delle capacità relazionali e di comprensione dell’esperienza soggettiva dei pazienti.
L’infermiere non può prescindere dalla risposta dei bisogni, anche se inespressi o mal espressi.
La comunicazione per stimolare un ruolo attivo del paziente nel processo di cura
Comunicare resta un tentativo per il quale non vi è garanzia di risultato a priori. Il risultato è oggetto di una molteplicità di variabili:
- lo scostamento fra la conoscenza del vissuto del paziente e la capacità di risposta da parte dell’operatore,
- interpretazione dei feed-back,
- l’utilizzo di più canali comunicativi espressivi
- la difficile comprensione dei bisogni comunicativi dei paziente in situazione critica.
Quando la comunicazione fallisce, in parte o completamente, la frustrazione nel paziente genera sentimenti negativi.
Comunicare in modo efficace significa contenere lo stress che un’inadeguata comunicazione arreca sia per il paziente sia per l’operatore.
Al contrario, quando la comunicazione è efficace nonostante l’intubazione, l’azione educativa attiva le risorse del paziente e permette un ruolo attivo nel processo di cura, cioè di empowerment.
Questi sono solo alcuni dei motivi che hanno spinto e che tuttora stanno motivando un cambiamento nella comunicazione e nella relazione in Terapia Intensiva.
Articolo tratto dalla lezione del Percorso Formativo Infermiere OnLine della Dr.ssa Paola Gobbi: “La comunicazione efficace nella gestione del paziente critico”.
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