Infezione-da-Covid19-assistenza-infermieristica-ECM-Critical-Care-InfermiereOnLine

Infezione da Covid-19 e assistenza infermieristica

Covid-19: dal primo caso alla pandemia

Il 31 dicembre 2019, le autorità cinesi hanno notificato un focolaio di casi di polmonite a eziologia ignota nella città di Wuhan. Riferiscono che molti casi sono partiti da un’esposizione al Wuhan’s South China Seafood City Market. Il 9 gennaio 2020, il China CDC (Centro per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie della China) ha evidenziato un nuovo coronavirus come causa eziologica di queste patologie. Il 30 gennaio 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiarava “l’emergenza sanitaria di interesse internazionale”. L’11 Febbraio 2020, dichiara che la malattia è stata chiamata COVID-19 (Coronavirus Disease).

In Italia già il 31 gennaio 2020 con una delibera del Consiglio dei Ministri viene emessa la “Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”. Nel Febbraio 2020 il Ministero della Salute emana la circolare “COVID-19, nuove indicazioni e chiarimenti“, dove vengono specificate le indicazioni aggiuntive sulla gestione dei casi nelle strutture sanitarie, l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuali (DPI) per il personale sanitario e le precauzioni standard di biosicurezza.

In seguito vengono emanate molte specifiche relative alle misure urgenti relative al contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

L’epidemia da COVID-19, viene dichiarata dall’OMS pandemia il giorno 11 marzo 2020. L’impatto a livello nazionale e internazionale è molto forte ancora oggi a più di un anno dalla sua comparsa.

L’epidemia da COVID-19, viene dichiarata dall’OMS pandemia il giorno 11 marzo 2020. L'impatto a livello nazionale e internazionale è molto forte ancora oggi a più di un anno dalla sua comparsa | #ECM #Infermieristica Condividi il Tweet

Il primo impatto del Covid-19 sul SSN

Quello che abbiamo vissuto nei nostri ospedali è stato un sovraccarico con difficoltà a assistere migliaia di nuovi casi. La rapidità di diffusione del COVID-19 ha provocato un aumento del lavoro sanitario, sproporzionato rispetto alle risorse disponibili. Il numero dei morti correlati alla patologia, ha intensificato la percezione del rischio sia per i pazienti che per gli operatori.

Tutto il personale sanitario si è trovato obbligato a modificare il proprio modo di lavorare. Basti pensare alla necessità di lavorare usando i dispositivi di protezione individuali (DPI) (DL 81/2008, art. 76), come il camice, la visiera e la mascherina specifica.

La rapida diffusione del #COVID19 ha provocato un aumento del lavoro sproporzionato rispetto alle risorse disponibili. Il numero dei decessi, ha intensificato la percezione del rischio per i pazienti e per gli operatori | #ECM Condividi il Tweet

Lo sguardo e gli occhi erano il principale elemento identificativo, la gestualità era goffa influenzata dai dispositivi di protezione individuale, e la presenza al letto del paziente era ridotta. Questo incrementava la sensazione di solitudine che i malati già percepivano a causa della lontananza dei propri cari. Tutti questi aspetti rendono difficile la rivalutazione della comunicazione e relazione esplicitata dalla recente normativa e dal codice deontologico infermieristico.

Il SSN italiano e la pandemia

Dopo la riforma del RSI (Regolamento Sanitario Internazionale) avvenuta nel maggio 2005 da parte dell’OMS, l’Italia ha rivisto il Piano italiano multifase per la pandemia influenzale (Ministero della Salute, 2007).

In seguito a un accordo tra regioni, queste si sono impegnate a intervenire con azioni necessarie atte a mettere in atto il Piano nazionale, adeguandosi alle linee guida presenti. Il Piano però non era aggiornato con i dati emersi dalle epidemie e pandemie degli ultimi anni in quanto il Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) non ha messo in atto il regolamento che prevedeva l’aggiornamento del Piano stesso.

Questo viene avvallato dal fatto che dalla fine del 2003, da quando i focolai di influenza aviaria da virus A/H5N1 sono divenuti endemici nei volatili nell’estremo oriente e il virus diffondendosi ha causato infezioni gravi anche negli uomini, è diventato sempre più concreto il rischio di una pandemia influenzale.

Un piano pandemico nazionale può essere utile solo in parte se non considera la natura del pericolo; ossia da quale specifico patogeno può scaturire la pandemia e le sue caratteristiche di contagiosità | #ECM #Infermieri Condividi il Tweet

Anche i documenti ufficiali delle istituzioni italiane prevedevano un rischio concreto di una pandemia influenzale tale da richiedere interventi mirati per affrontarla.

Un piano pandemico nazionale può essere utile solo in parte se non considera la natura del pericolo; ossia da quale specifico patogeno può scaturire la pandemia e le sue caratteristiche di contagiosità o modalità di contagio.

Le modalità di trasmissione di SARS-CoV-2

La trasmissione delle infezioni da coronavirus, avviene attraverso goccioline-droplet (≥ 5 µgr di diametro) generate dal tratto respiratorio di un soggetto infetto. Con tosse o starnuti vengono espulse nell’aria a distanze brevi (< 1 metro).

Queste goccioline rimangono sospese nell’aria ma si possono depositare sulle mucose nasali o orali o sulle congiuntive. Inoltre la SARS-Cov-2 può essere trasmessa per contatto diretto o indiretto con oggetti o superfici contaminate dalla presenza di secrezioni (saliva, secrezioni nasali, espettorato) di persone infette, attraverso il contatto di mani contaminate e bocca, naso o occhi.

La trasmissione del coronavirus, avviene attraverso goccioline-droplet generate dal tratto respiratorio di un soggetto infetto. Con tosse o starnuti vengono espulse nell’aria a distanze brevi | #ECM #Infermieri #Infermieristica Condividi il Tweet

L’aria espulsa nell’ambiente con un colpo di tosse viaggia alla velocità di oltre 80 chilometri all’ora e trasporta fino a 3.000 droplets. Uno starnuto, invece, può arrivare a una velocità di oltre 150 chilometri all’ora e può espellere fino a 40.000 droplets infette. Non è ancora conosciuto quante particelle virali siano necessarie per dare origine a un contagio, in uno studio della SARS, veniva stimato un numero inferiore a 1.000.

Le droplets più grosse rimangono sospese nell’aria per poco tempo e sono in grado di percorrere brevi distanze, massimo 1-2 metri, poi cadono per terra.

Le droplets più piccole e costituenti gli aerosol generate da persone infette, possono essere inspirate da coloro che stanno vicino, prevalentemente quando trattasi di ambienti chiusi e senza o scarso ricambio d’aria.

Trasmissione per via oculare

La SARS-CoV-2 si può trasmettere direttamente anche per via oculare. Sono state riscontrate tracce di virus attivo negli occhi, sia in fase precoce che in fase tradiva della malattia.

Da non trascurare la categoria dei cosiddetti super-diffusori di difficile identificazione, che rappresentano uno dei maggiori problemi nella divulgazione della malattia. Diversi studi hanno dimostrato che in casi estremi, una singola persona infetta può diffondere il virus a dozzine di persone. Viene dimostrato che alcune persone infette possono avere una carica virale più elevata e quindi rilasciare più virus come si è visto in passato con la SARS e con la MERS.

SARS-CoV-2 si può trasmettere direttamente anche per via oculare. Sono state riscontrate tracce di virus attivo negli occhi, sia in fase precoce che in fase tradiva della malattia | #ECM #COVID19 #Infermieristica Condividi il Tweet

Misure di prevenzione da infezione da SARS-CoV2

I soggetti maggiormente a rischio d’infezione da SARS-CoV2 sono coloro che sono a stretto contatto con il paziente affetto da COVID-19. Come primi della lista troviamo quindi gli operatori sanitari impegnati direttamente nella cura del paziente, gli operatori di laboratorio addetti alla manipolazione di campioni biologici.

Risulta pertanto di notevole importanza individuare un sistema formativo che possa arrivare a tutti gli operatori sanitari aggiornandoli continuamente in merito alle modalità e ai rischi di esposizione professionale, alle misure di prevenzione e protezione disponibili.

Le misure generali di prevenzione sono la base degli interventi, sia negli ambiti sanitari che comunitari.

  • Igiene delle mani
  • evitare di toccare gli occhi, il naso e la bocca con le mani
  • tossire e starnutire proteggendosi all’interno del gomito con il braccio piegato o con un fazzoletto
  • mantenere la distanza di sicurezza da altre persone
  • utilizzo corretto dei DPI
Prevenire l'infezione da #COVID19: igiene delle mani, evitare di toccare gli occhi, naso e bocca, tossire e starnutire proteggendosi all’interno del gomito o con un fazzoletto, distanziamento sociale, utilizzo corretto DPI | #ECM Condividi il Tweet

COVID 19: decorso clinico

Il decorso clinico del COVID-19 si delinea in 3 distinte fasi cliniche della malattia:

  • una fase iniziale durante la quale il virus si replica all’interno delle cellule dell’ospite. In questa fase compaiono i classici sintomi di malessere generale, febbre e tosse secca;
  • la malattia può evolvere verso una seconda fase. Questa è caratterizzata da modifiche morfofunzionali a livello polmonare causate sia dagli effetti diretti del virus sia dalla risposta immunitaria dell’ospite. Si distingue anche per un quadro di polmonite interstiziale molto spesso bilaterale associata a sintomi respiratori che nella fase precoce è stabile e senza ipossiemia, ma può evolvere verso uno stato di instabilità;
  • la malattia può evolvere in un quadro ingravescente. Questo è dominato dalla tempesta citochinica e dal conseguente stato infiammatorio che determina un quadro iperinfiammatorio, con effetti locali e sistemici. A livello polmonare possono emergere quadri di vasculopatia arteriosa e venosa con trombizzazione dei piccoli vasi e evoluzione verso lesioni polmonari gravi. Le fasi finali di questo gravissimo quadro clinico portano a un ARDS grave e in alcuni casi alla CID. In questa fase si è osservata un’alterazione progressiva di alcuni parametri infiammatori: PCR, ferritina, e citochine pro-infiammatorie (IL2, IL6, IL7, IL10, GSCF, IP10, MCP1, MIP!A e TNFa) e coagulativi quali aumentati livelli dei frammenti di degradazione della fibrina come il D-dimero, consumo di fattori della coagulazione, trombocitemia, ecc.
Decorso clinico del #COVID19: fase iniziale durante la quale il virus si replica all’interno delle cellule dell’ospite, seconda fase caratterizzata da modifiche morfofunzionali a livello polmonare, tempesta citochinica | #Infermieri Condividi il Tweet

Gestione infermieristica dei pazienti affetti da COVID-19

La rapida diffusione del COVID-19 ha provocato un aumento del lavoro sanitario, sproporzionato rispetto alle risorse disponibili. Il numero di morti conseguenti alla patologia ha fatto intensificare la percezione del rischio per i pazienti, ma anche per gli operatori sanitari. L’utilizzo dei dispositivi di protezione individuali, ha reso difficile la cura del malato, resa sterile dal fatto che il paziente non poteva distinguere il volto delle persone che si prendevano cura di lui.

Questa situazione rende difficile attuare la rivalutazione della comunicazione e della relazione esplicitata dalla recente normativa e dal codice deontologico infermieristico: “il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura ( art. 1 e 8 L 217/2017)”. Nell’agire professionale l’Infermiere stabilisce una relazione di cura, utilizzando anche l’ascolto e il dialogo (FNOPI 2019, art. 4). Anche l’assistenza di base – fundamental care – presta particolare attenzione alla relazione infermiere paziente (Feo, Kitson e Conroy, 2018).

L’utilizzo dei DPI, ha reso difficile e sterile la cura del malato per il fatto che il paziente non potesse distinguere chiaramente il volto delle persone che si prendevano cura di lui | #Infermieri #Infermieristica #ECM Condividi il Tweet

La buona relazione di aiuto

Ci si chiede pertanto come sia possibile riuscire in questa situazione a avere un elevato livello di qualità assistenziale, come si possa compensare quelle assenze dettate dalla mancata presenza e dall’impossibilità del dialogo per continuare a avere la buona relazione di cura.

Questa relazione, nella letteratura infermieristica, prende il termine di caring, più volte approfondito da diverse teorie infermieristiche raggruppate con il nome di Human Caring Science (Smith, Turkel e Wolf, 2013; Duffy, 2018).  L’essere Infermiere corrisponde al modo di essere infermiere, non è sufficiente saper fare o usare una tecnica, ma bisogna saperle realizzare in un determinato modo, in modo caring, ovvero con una buona relazione di cura, attraverso un’attenzione personalizzata per il paziente.

Lo sguardo è un modo di conoscere il volto dell’altro, indipendentemente dalla nostra volontà, ci obbliga a prestare attenzione all’altro. In ambito fenomenologico, la Stein, allieva di Husserl, mette in evidenza che lo sguardo sembra essere il veicolo che permette di entrare in empatia con l’altro, ovvero di sentire ciò che lui sente.

Fenomenologia dello sguardo

Lo sguardo è un elemento fondamentale nella relazione. Lo sguardo arriva all’oggetto esterno prima del tocco ed è percepito dalle facoltà intellettuali in modo immediato, è un elemento di connessione istantanea tra il corpo e il mondo esterno. Pertanto lo sguardo, grazie alla sua immediatezza del vedere, permette di entrare in contatto empatico con l’altro.

L’attuale situazione di pandemia, a causa della elevata contagiosità del virus, ha obbligato tutta la popolazione alla lontananza fisica tra le persone, ma nello specifico, le persone contagiate. Quindi è venuto a mancare la possibilità di ascoltare e di incoraggiare il paziente durante la presa in carico.

Nell'attuale situazione di pandemia è venuto a mancare la possibilità di ascoltare e di incoraggiare il paziente durante la presa in carico | #ECM #Infermieristica #Infermieri Condividi il Tweet

Vita e morte in era di Covid-19

La Pandemia di Covid-19 è stata una realtà tragica durante la quale è stato impossibile negare l’inevitabilità della morte. Gli operatori sanitari che lavorano nelle cure palliative sanno quanto sia importante proteggersi dall’angoscia di morte.

L’emergenza sociale e sanitaria che stiamo vivendo ha avuto un impatto psicologico molto significativo che ha determinato una serie di reazioni psicologiche importanti. Ricordiamo come episodi acuti di ansia e di stati depressivi che possono evolvere in episodi cronici (disturbo post-traumatico da stress – PTSD, disturbi d’ansia, disturbi depressivi, lutto e senso di colpa nei caregivers).

Inoltre è necessario che tutti gli operatori sanitari forniscano costantemente ai pazienti ricoverati un primo aiuto e un contenimento dei sintomi. Questo perché la sofferenza sociale di questi pazienti è molto alta, per la mancanza della casa e dei propri affetti, il distanziamento sociale, la solitudine determinata dallo scarso contatto con i propri cari e la loro sofferenza spirituale.

La particolare vulnerabilità provata da questi malati può incrementare lo stato di distress esistenziale. Questo si caratterizza da una persistente sensazione di assenza, impotenza, fallimento e inutilità, difficoltà di coping e perdita di speranza, determinando sentimenti di sconfitta, rinuncia e portando al desiderio di porre fine alla propria vita.

L’emergenza sanitaria ha avuto un impatto psicologico molto significativo che ha determinato una serie di reazioni psicologiche importanti. Episodi acuti di ansia e di stati depressivi possono diventare cronici | #ECM #Infermieri Condividi il Tweet

La paura del contagio

La paura del contagio ha coinvolto anche gli Operatori Sanitari, dalla morte dei colleghi, di persone care, provando di persona la paura della morte. Alcuni si domandavano “sono parte della cura o sono parte della malattia?” mettendo in evidenza il conflitto tra senso di responsabilità per il proprio lavoro e quello verso la propria famiglia. La paura che un operatore sanitario possa contagiarsi e soprattutto contagiare, mette in atto primitive reazioni di stigmatizzazione sociale.

Gli Operatori Sanitari si trovano di fronte a un paradosso, fra idealizzazione e stigma sociale, fra essere “eroi” e essere “untori” che potrebbero portare il virus nei loro condomini o nelle case.

I Professionisti Sanitari che hanno lavorato in prima linea o nel pronto soccorso sono stati più esposti di altri al rischio di danno morale (moral Injury), fenomeno che compare quando sei consapevole che “dovresti fare qualcosa ma non puoi farlo” con conseguente senso di colpa, tradimento e rabbia.

L’emergenza pandemica del COVID-19 ha rappresentato una minaccia per la salute e la vita di milioni di persone, costringendo la popolazione a un processo di adattamento fisico, psicologico e sociale.

I Professionisti Sanitari che hanno lavorato in prima linea o nel pronto soccorso sono stati più esposti di altri al rischio di danno morale (moral Injury) | #ECM #Infermieri #Infermieristica Condividi il Tweet

Gli interventi psicologici

I principali obiettivi degli interventi psicologici per la gestione delle conseguenze psicologiche e comportamentali sono:

  • Ridurre il rischio di sviluppare distress psicologico;
  • Sostenere il benessere e comportamenti di prevenzione;
  • Favorire comportamenti di adeguamento all’emergenza a livello individuale, familiare e interpersonale;
  • Sostenere coloro che sono in isolamento con strategie di coping attivo e positivo;
  • Favorire la collaborazione tra servizi di salute mentale e operatori specializzati al fine di rendere efficace l’impatto positivo delle attività rivolte alla popolazione.

Per quanto riguarda gli operatori alcune indicazioni sulla prevenzione dello stress emotivo legati alla situazione di emergenza da COVID-1 sono:

  • Gestire una buona comunicazione e fornire tutte le informazioni in merito a tutto ciò che sta accadendo. Questo può mitigare le preoccupazioni degli operatori legate all’incertezza e far percepire un senso di controllo;
  • Riferire feedback positivi utili a rafforzare il valore e l’importanza del ruolo svolto;
  • Promuovere il lavoro in Team. Il Buddy system, è un metodo che prevede che due colleghi coinvolti nell’emergenza lavorino affiancati, sostenendosi nella diversa capacità di affrontare circostanze avverse;
  • Facilitare l’accesso a un supporto psicologico, incluso il supporto telefonico o altre opzioni di servizio a distanza.

Conclusioni

La pandemia da COVID-19 è arrivata all’improvviso, sorprendendo i politici e i gestori del sistema sanitario nazionale. Doveva essere un evento gestito in maniera pianificata, ma in effetti ha determinato molte vittime.

Solo con il superamento di tutti gli ostacoli presentati, con un miglioramento della gestione organizzativa e culturale si può garantire la capacità del sistema sanitario di tutelare la salute dei cittadini.

Gli operatori sanitari impegnati nei setting clinici e di comunità, sono stati i pilastri su cui si è fondata la risposta alla pandemia da SARS-CoV-2.
Il lavoro è stato durissimo e snervante ma allo stesso tempo affrontato con tenacia, grazie alla forte motivazione e partecipazione che i colleghi hanno voluto mettere in campo, al fine di sconfiggere questo male.

Gli #OperatoriSanitari impegnati sia nei setting clinici che di comunità, sono stati i pilastri su cui si è fondata la risposta alla pandemia da SARS-CoV-2 | #ECM #Infermieri Condividi il Tweet

 

Sei Infermiere?
Iscriviti subito al Percorso Formativo Infermiere Online Critical Care per avere 30 crediti ECM

Articolo tratto dalla lezione del Percorso Formativo Infermiere OnLine di Marco Zerbinati: “Percorso assistenziale per il paziente affetto da Covid-19”


CONTATTACI SUBITO per avere la versione integrale della lezione.


Consenso Trattamento Dati - NON verranno ceduti a terzi(obbligatorio)