Long COVID: una nuova emergenza sanitaria
La maggior parte delle persone che hanno contratto la malattia da Coronavirus recupera pienamente lo stato di salute pre-infezione nel giro di poche settimane.
Tuttavia, un numero considerevole di persone di età differenti continua ad avere problemi simili a quelli avuti durante la malattia anche dopo, a guarigione avvenuta.
La recente letteratura indica che siamo in presenza di una nuova emergenza sanitaria, conosciuta come long COVID. Il termine è utilizzato per descrivere una serie di sintomi che persistono oltre le quattro settimane dall’esordio dell’infezione da COVID-19.
I sintomi più comuni riguardano la persistenza di affanno, la stanchezza e la tosse. Vengono segnalati anche altri sintomi quali dolore precordiale, palpitazioni, deficit neurologici e cognitivi, eruzioni cutanee e disturbi gastrointestinali.
La gravità dell’infezione primaria non sembra essere associata alla possibilità e gravità dei sintomi a lungo termine. È certo che individui con malattie croniche cardiache, respiratorie e metaboliche preesistenti sono a rischio di sviluppare complicanze più gravi a seguito di infezione da COVID-19.
In Italia, a 60 giorni dalla guarigione accertata con tampone negativo, i pazienti con almeno un sintomo ancora presente sono l’87,1% sul totale dei dimessi. Il 55% quelli con tre o più sintomi quali dispnea, dolore toracico, stanchezza e riduzione della qualità della vita.
L’identificazione corretta delle persone affette da Long COVID
È molto importante che tutti i professionisti sanitari che curano e assistono persone con malattia da COVID-19, confermata o sospetta, in ogni contesto sanitario o sociosanitario esse si trovino, siano a conoscenza dell’esistenza della sindrome Long COVID e sappiano valutarla e trattarla adeguatamente, sulla base delle migliore best practice disponibile.
È fondamentale che i pazienti con storia di COVID-19 siano seguiti anche dopo la negativizzazione del tampone.
In particolare, deve essere posta massima attenzione nei confronti dei soggetti più fragili, immunodepressi, anziani, con pluri-comorbosità, con pregressa ospedalizzazione per COVID-19 o che durante la malattia abbiano sviluppato una sintomatologia rilevante.
La valutazione dei pazienti con sintomi sospetti di Long COVID
La valutazione da parte dei professionisti sanitari (medici, infermieri, fisioterapisti) dovrebbe indagare i sintomi generali, cognitivi, psicologici e psichiatrici, incluse abilità funzionali.
Si inizia dalla raccolta di un’anamnesi completa. Questa deve includere la storia di COVID-19 confermata o sospetta, natura e severità dei sintomi precedenti e attuali o tempo e durata dei sintomi dall’inizio della COVID-19 acuta o eventuali comorbidità.
I sintomi possono presentarsi singolarmente o in combinazione; possono essere costanti, transitori o intermittenti e possono cambiare la loro natura nel tempo. Possono essere elencati come (vedi anche Box 1) :
- sintomi generali
- sintomi respiratori
- sintomi cardiovascolari
- sintomi neurologici o deterioramento cognitivo
- sintomi gastrointestinali
- sintomi muscolo-scheletrici
- sintomi psicologici / psichiatrici
- sintomi otorinolaringoiatrici
- segni dermatologici
Sarà necessario eseguire esami ematochimici, radiologici, ecografici o funzionali da modulare in base alle condizioni del paziente e valutare con test funzionali se e quanto la vita quotidiana e le attività del paziente siano influenzate da sindrome post-COVID19.
Questo tipo di valutazione attiene alla mission dell’MMG con necessità di eventuale collaborazione specialistica anche di tipo psicologico.
La valutazione deve comprendere quanto le attività di vita quotidiane della persona siano state influenzate dalla malattia. Ad esempio, lavoro, frequenza di scuole, mobilità, grado di autonomia: sono espletate come nella fase pre-malattia o hanno subìto un’alterazione? La persona ha riacquistato uno stato di benessere o ha sviluppato una sorta di isolamento sociale?
Questi aspetti di valutazione devono diventare argomento di discussione sull’esperienza del paziente in merito ai propri sintomi e indagine su eventuali stati di preoccupazione o angoscia.
Le preoccupazioni del paziente andrebbero ascoltate con empatia, per riconoscere l’impatto della malattia sulla vita quotidiana.
Infine, nel valutare le possibili cause di un declino graduale, di un peggioramento di fragilità e demenza o la perdita di appetito e sete nelle persone anziane, considerate che questi possono essere segni di COVID-19 persistente o sospetta sindrome post-COVID-19.
Pianificazione del percorso assistenziale dei pazienti
La gestione delle persone con Long COVID deve essere multidisciplinare per dare risposta alle diverse manifestazioni cliniche, funzionali, cognitive, psicologiche e nutrizionali.
Questo approccio deve essere personalizzato, modulato e adattato tenendo conto della varietà delle condizioni che si presentano nel singolo paziente.
L’organizzazione delle cure dovrebbe essere guidata da un medico con competenze ed esperienza in tema di COVID-19 e prevedere l’integrazione di assistenza primaria e specialistica, servizi di riabilitazione multidisciplinare e ospedalieri.
Le cure nei pazienti con Long COVID caratterizzati da gradi di complessità clinica non elevati possono essere coordinate e gestite dall’MMG.
Nei pazienti più complessi le cure possono essere gestite in altro contesto (es. ospedale), purché permanga sempre un contatto diretto con l’MMG che ha in cura l’assistito. Al fine di coordinare l’assistenza nei casi più complessi un ruolo chiave può essere esercitato dall’infermiere di famiglia e di comunità.
È importante definire follow-up puntuali e personalizzati sulle caratteristiche e necessità di ogni persona al fine di rivalutare le condizioni generali e programmare nuovi interventi se necessari.
Appare importante inoltre fornire consulenza sull’autogestione (self-management) ai pazienti con Long COVID per aiutarli nella gestione dei sintomi.
Il coinvolgimento del paziente è fondamentale nel plasmare la consapevolezza su Long COVID.
Iniziative spontanee sono sorte in vari Paesi, anche in Italia, con la costituzione di numerose associazioni dedicate a difendere gli interessi dei pazienti
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